29.07.2021

Vicina alla gente…

Suor M. Anrika Dold
Deutschland

Un pomeriggio nelle operazioni di soccorso

Ahrweiler, una pittoresca cittadina situata nella valle dell’Ahr, è stata duramente colpita dall’alluvione. Ogni giorno, per più di una settimana, noi suore siamo state impegnate per diverse ore alla tenda di soccorso allestita dalla parrocchia.

Suor M. Anrika Dold racconta l’esperienza delle operazioni di soccorso

Arriviamo verso le 13.30. Un ragazzo ci accoglie in bicicletta e ci indica la strada. Un signore ci aiuta a fare la retromarcia e poi ci offre il suo parcheggio privato. Qui vicino ha una panetteria.

Arrivati alla tenda con il nostro carico, R., il coordinatore locale, ci presenta agli altri, mentre intanto continuano ad arrivare donazioni in natura: grandi e piccoli pacchi di viveri, acqua, frutta, scarpe, vestiti, cibo in scatola, asciugamani, piatti, guanti monouso. Passa anche la Telekom, che distribuisce gratuitamente telefoni cellulari e caricabatterie.

ha il compito di decidere cosa accettare o non accettare in donazione. Ottimo. R. aveva un negozio di fiori, ora distrutto. Anziché rimanere a casa, preferisce venire qui a dare una mano; arriva la mattina presto e rimane fino a tarda sera, senza fare grandi pause.

C’è anche la Madonna pellegrina

C’è anche la Madonna, proprio come alle nozze di Cana: “… e c’era la Madre di Gesù”. In silenzio, sistemo l’icona della Madonna pellegrina nell’angolo posteriore della tenda, dove abbiamo riposto gli oggetti personali. Più tardi, una signora distribuisce delle rose e ce ne regala una. Questa penso sia per te, dico, poggiando il bel fiore accanto all’immagine della Madonna. Una rosa per Maria!

 C’è un clima di grande apertura e gratitudine nei nostri confronti. Abbiamo la possibilità di parlare con tante persone, specialmente con quelle colpite dall’alluvione. Un signore più giovane, venuto alla tenda insieme alla moglie in gravidanza avanzata e alla madre, ci dice di essere arrivato a casa solo cinque minuti prima che iniziasse il disastro e di aver fatto appena in tempo ad aiutare la moglie a rifugiarsi al piano superiore. Non sono potuti fuggire poiché l’acqua arrivava con grande rapidità e bloccava ogni via. Ora sono dai suoceri. Mi viene in mente la scena di Maria e Giuseppe alla ricerca di un alloggio e ne parlo brevemente con loro. Sono felice di sapere che abbiano trovato un posto in cui stare.

 Una coppia di anziani si riposa un po’ davanti alla tenda. L’uomo prende una delle sedie a disposizione e si siede all’ombra. Dice di avere già attraversato situazioni difficili. Mentre racconta come ha perso entrambi i genitori all’età di sette anni, ha le lacrime agli occhi. La moglie ci chiede a quale comunità apparteniamo, perché non conoscono le Sorelle di Maria di Schönstatt. Mostro loro un’immaginetta della Madre tre volte Ammirabile dicendo: “È la nostra immagine miracolosa”. Gliela offro, aggiungendo che la Madonna è vicina a noi in ogni momento di sofferenza. L’uomo la prende e dice: “In cantina, appesa al muro, è rimasta ancora la croce; tutto il resto è stato spazzato via. Voglio tenerla. Sa, anche se non vado spesso in chiesa, non butterei mai via una croce. Il mio pastore mi ha fatto capire che Dio e Gesù ci sono sempre, e poi c’è la Chiesa”. “E Dio è con noi anche adesso, attraverso tutte le persone che prestano aiuto”, gli ho detto. “Non ci lascia soli”.

  Un altro signore entra nella tenda. Riesce a malapena a proferire qualche parola. Ci riferisce, esitando, che in seguito all’alluvione è stato accolto dalla famiglia della figlia. Tutti si prendono cura di lui. Ci racconta di aver superato altre esperienze difficili. Per 40 anni si è preso cura della moglie malata, morta cinque anni fa, anche quando molti gli consigliavano di separarsi da lei. Continua a piagnucolare. Accetta volentieri un’immaginetta della Madre tre volte ammirabile di Schönstatt.

  Una signora ha saputo solo oggi che i due figli adulti sono ancora vivi. “Avevo perso i contatti”, dice, asciugandosi le lacrime. Accetta l’immaginetta della Madonna e ringrazia di cuore.

Il tempo vola. La sera sono molto stanca. Facciamo un altro giro per la città e ritiriamo i piccoli regali che il gruppo di un asilo ha lasciato al nostro stand: sono buste di carta dipinte, piene di piccoli giocattoli e caramelle.

 A 100 metri di distanza, intravediamo alcuni giovani e bambini. Cominciamo a dialogare con loro e a consegnare le buste. Due ragazze ci dicono, scherzando, che ci sono anche bambine grandi. Dopo aver dato anche a loro le buste, veniamo a sapere che lavorano alla panetteria.

 Un ragazzo dice di aver preso in gestione il negozio del padre all’inizio dell’anno. Ma ora, dopo l’alluvione, tutto è andato perduto. “Volete vedere? Prego, entrate”. Accettiamo l’invito e diamo un’occhiata. Lo scenario è devastante, anche se il fango è già stato tolto. Entra il padre del ragazzo con la moglie e, vedendomi, esclama: “Noi ci conosciamo!”. È l’uomo che stamane ci ha messo gentilmente a disposizione il suo parcheggio. Ora è insieme ai familiari; cercano di non perdersi d’animo, di sostenersi a vicenda e di riuscire a superare insieme quest’avversità. È come se ci conoscessimo da tempo.

Ho proprio l’impressione che in mezzo alla catastrofe ci sia tanta speranza. Questo dimostra quanta volontà di aiutare risieda in noi. Come ha detto un documentario della ZDF commentando il disastro provocato dalle inondazioni:

“Forse è vero
che nei momenti peggiori
tiriamo fuori il meglio di noi.“

Verso le 20 ripartiamo, portandoci dietro le immagini della devastazione, della sofferenza della gente, ma anche una consapevolezza: la nostra presenza è stata importante, così come quella della Chiesa.

Dove dovrebbe essere ora, se non vicina alla gente…