Natale durante la pandemia del coronavirus (storia vera)
Da diversi mesi si intuiva che
Natale 2020
sarebbe stato diverso da tutti gli altri: la vita quotidiana era caratterizzata dalle mascherine, dal distanziamento sociale e dalle regole di igiene.
Con un po’ di flessibilità, nonostante il lockdown e le difficili condizioni, è stato possibile andare alla Messa. Solo in caso di emergenza avrei considerato l’idea di parteciparvi “virtualmente”.
Durante l’avvento avevo letto sul bollettino parrocchiale che a St. Marien, la nostra casa di riposo, la Messa della Vigilia di Natale si sarebbe celebrata all’aperto. Così, dopo mesi di rinunce, gli anziani e i ricoverati avrebbero avuto la possibilità di partecipare alla Santa Messa da dietro i finestroni dei corridoi e dell’ingresso. Gli abitanti del paese avrebbero preso posto in cortile, sistemandosi a debita distanza dall’altare allestito all’esterno.
Tremavo all’idea di dover seguire la celebrazione in penombra e al freddo, seduta su una sedia di plastica e imbacuccata con cappotto, sciarpa e cappello e sopra una coperta. Ma non avevo alternative. Ho preferito andare anziché rimanere in salotto a guardare la TV. Mi sentivo in forma e in salute, quindi potevo concedermi un po’ di avventura.
Alle 17:15 della Vigilia mi sono messa in cammino. Non volevo arrivare troppo presto. Da un’ora scendeva un leggero nevischio. Una volta arrivata, sono stata accolta con calore, malgrado il freddo e l’umidità. Nel cortile c’erano due grandi alberi addobbati di catene luminose. Davanti all’entrata in vetro di St. Marien era stato collocato l’altare, coperto da un tettino e decorato per il Natale. All’interno della casa di riposo c’erano un abete illuminato e un semplice presepe con grandi statue di legno. Dietro le alte finestre si vedevano i ricoverati, alcuni dei quali su sedie a rotelle e letti mobili. Molti volti mi erano familiari.
Alcune famiglie, giovani, vicini e conoscenti del paese si sono sistemati fuori. C’era ancora qualche sedia libera. Il sacerdote si è avviato verso l’altare, mentre dall’interno risuonava il canto “Nato a Betlemme…”, trasmesso dall’altoparlante. Questo e gli altri canti dell’organista hanno messo in risalto il messaggio “oggi è nato per voi il Salvatore, il Salvatore del mondo”.
Ho atteso fino all’ultimo di percepire qualche sensazione che mi ricordasse il Natale, ma invano; neanche le parole dell’omelia mi hanno particolarmente colpito. Tuttavia, non volevo assolutamente che il coronavirus mi rovinasse l’atmosfera e la festa del Natale; così, sia pur bagnata e infreddolita, ho aspettato il canto finale, quando tutti, a gran voce, si sono uniti all’organista. Mai come quella sera le note e le parole di Stille Nacht (Astro del Ciel) hanno risuonato nel mio cuore. D’un tratto ho avuto una schiarita: quel bambino indifeso, il Figlio di Dio, è nato di notte; venuto al mondo, non è stato accolto con splendore e gloria. Era scritto che sarebbe nato nella povertà e tra gli stenti. Mai nella mia vita mi sono sentita così compresa da lui come quella sera.
Gli altri avranno provato la stessa cosa. Quando, poco dopo – ponendomi a debita distanza e con indosso la mascherina – ho augurato ai presenti un felice e benedetto Natale, ho visto il bagliore nei loro occhi. Sì, è stato un Natale felice e benedetto.